mercoledì 27 giugno 2007

Who cares Middle East?



«Sconfiggere gli arabi non è difficile, è praticamente inutile», queste semplici parole – che al pubblico italiano potrebbero risvegliare antichi ricordi - scandite nell’articolo di Edward Luttwak, che sta per uscire su Aspenia, sono la cifra del nuovo vento atlantico che spira già da tempo. Sulle pagine di «The American Interest», la nuova iniziativa di Fukuyama &Co, nel numero di maggio/giugno, si possono leggere analisi interessanti sull’irrilevanza del Medio Oriente (l’articolo è recensito sulla «Rivista delle riviste» - rubrica curata dall’autore di CL - su Risk 12, in edicola con l’ultimo numero di «Liberal» bimestrale). «Con l’entrata nel XXI secolo il Medio Oriente sarà sempre meno rilevante per Washington», sentenzia Philip E. Auserwald, professore di Harvard, che smonta, pezzo dopo pezzo, tutti i luoghi comuni sulla sicurezza energetica e strategica che farebbero del Medio Oriente la «fortezza Bastiani» di un Occidente in difesa di se stesso. La tesi di fondo è quella che il prezzo del petrolio e le riforme democratiche viaggino in direzioni opposte, in alcuni paesi. Un’atmosfera di fastidio che potrebbe essere una sorta di disprezzo verso ciò che non si può ottenere? Vista la mala parata, e le critiche di molti sinceri alleati di Washington, gli americani avrebbero deciso di derubricare il MO dall’agenda del Dos? Non sembrerebbe, viste le argomentazioni di Luttwak. In pratica, sia i falchi che le colombe sbaglierebbero sull’approccio alle politiche mediorientali. Le maniere dure aumentano l’ostilità, quelle morbide non raggiungo alcun obiettivo. «L’Islam, come ogni altra civiltà, ambisce a dirigere ogni dimensione della vita e in più, a differenza di altre civiltà, promette ai suoi fedeli la superiorità in ogni sfera; quindi l’arretratezza scientifica, tecnologica e culturale genera un senso d’umiliazione», afferma Luttwak confermando la tesi del povero Samir Kassir – sfortunato padre della primavera libanese, morto assassinato – sugli «infelici della storia». L’invito di Luttwak è quello di occuparsi meno del Medio e più dell’Estremo Oriente, dove si giocano gli equilibri del futuro. Una tesi che, nel libro «La difesa dell’Occidente» (ed. Liberal) di Pierre Chiartano, è posta alla base di ogni valutazione per comprendere le nuove architetture mondiali. Il libro infatti legge il conflitto con l’Islam solo come un tassello del più importante confronto asiatico col dragone cinese. La novità è che Luttwak inserisce l’Europa fra i luoghi degni di maggiore attenzione per una rinascita dell’Occidente. Forse dobbiamo aspettarci, anche noi europei, di non essere più considerati i «poor devils» di Foggy Bottom. Nell’attesa del nuovo inquilino della Casa Bianca, sembra che Washington stia allineando le priorità. Ma è sempre più netta la sensazione che il terreno che stanno preparando sia il campo di gioco preferito da Mrs. Hillary. Questo farebbe dell’Europa di un’eventuale presidenza Rhodam-Clinton un campo per un nuovo Grande Gioco atlantico. Saremo noi, cinici e disincantati europei, all’altezza della sfida?

2 commenti:

etendard ha detto...

mi sbaglio o stai cercando di vendere il libro? non riesco a dire che cosa me lo faccia pensare, eppure ... ;-)

Pierre Chiartano ha detto...

@Hoka Hey. Sei di un'intuito straordinario! Come hai fatto?