mercoledì 15 giugno 2011

Gli arabi visti dalla finestra di Erdogan


Istanbul. La Turchia si è svegliata ieri con un governo più forte che mai. Una vittoria personale del premier Tayyp Recep Erdogan che ha sfiorato di pochi seggi il quorum per poter indire un plebiscito sulle riforme costituzionali. Più forte in patri l’Akp e la sua politica di partito «conservatore e liberale» di matrice islamica come ha sottolineato il professor Bayram Sinkaya, docente di Relazioni internazionali alla Middleast technical university di Ankara giunto in Italia per un workshop, dimostrando come la paura dell’avvento di un partito islamico alla pakistana è ormai sfumata. Il confronto acceso tra secolaristi, difensori del kemalismo di Stato contro i nuovi “credenti” in politica, che ha avuto momenti di grande frizione fino a sfiorare crisi istituzionali (vedi il caso Ergenekon), sembra destinato a una lenta ma costante normalizzazione. Ora anche la politica estera turca, definita “neottomana” da alcuni analisti, improntata invece al pragmatismo del «zero problem, maximum trade» per il dinamico ministro degli Esteri Turco, Ahmet Davotoglu, avrà una spinta ulteriore. Specialmente in Medioriente e nel mondo arabo. Ankara gestisce investimenti in tutta la regione del Mashreq e del Maghreb, utilizzando anche i ricchi fondi sovrani dei Paesi del Golfo. Ha lanciato un canale satellitare della tv pubblica (Trt) in lingua araba che raggiunge ben 24 Paesi investiti da una politica estera «che non vuole imporre un modello politico ed economico turco ai Paesi arabi, ma solo condividere la nostra esperienza» come precisa a liberal, l’ammiraglio Nazmi Cesmeci, docente di studi strategici alla Piri Reis Univesity di Istanbul. Insomma la comparsa di un Paese musulmano bene inserito nel contesto internazionale, è membro della Nato, con un’economia in forte espansione e un partito islamico moderato al governo ha scombinato parecchio le carte degli equilibri mediorientali. Diventando un elemento di stabilizzazione regionale. La forte popolarità di Erdogan presso le popolazioni arabe è lo specchio del nuovo corso. Certo però che non mancano i problemi in patria. Il rapporto tra arabi e turchi non è tra i più facili e spesso gli arabi denunciano una sorta di aparthaid culturale di cui sarebbero vittime in Turchia. Basterebbe girare in metropolitana e vedere la faccia di un abitante di Istanbul, ad esempio, quando sente parlare nella lingua del Profeta: perde il buon umore. Certo è che l’immagine del mondo arabo in Turchia è cambiata con l’avvento della primavera delle rivolte. Una percezione per anni influenzata da quella europea e occidentale in genere. Che vedeva quella società come «violenta, insincera e con una bassa considerazione sulla difesa dei diritti delle donne e di quelli civili in genere», come affermava qualche tempo fa Abdullah Bozkurt, dalle colonne di Today’s Zaman, il quotidiano turco più vicino all’attuale governo. Un’immagine negativa alimentata anche da alcune considerazioni di carattere storico. Il «grande tradimento» avvenuto alla soglia del disfacimento dell’Impero Ottomano. Per un paese ultranazionalista un vero peccato mortale. Ma le cose stanno cambiando e stereotipi e pregiudizi anche. «Solo in Libia la Turchia ha firmato contratti nel settore edilizio e infrastrutturale per circa 20 miliardi di dollari. E sono sempre più numerosi i programmi televisivi turchi trasmessi nei paesi arabi, dove emergono i caratteri moderni di una società, compreso un diverso ruolo della donna. L’esperienza turca attrae molte simpatie perché è riuscita a coniugare insieme islam e modernità», ci spiega l’ammiraglio Cesmeci. E un bell’esempio di un’immagine di donna dinamica, professionale, culturalmente molto preparata è quella di Hajer Ben Hassine. Lavora per la tv pubblica turca (Trt) che manda in onda programmi in lingua araba. Di origine tunisina, figlia di un imam, esperta in letteratura araba, senza peli sulla lingua, è il prototipo di un giornalismo moderno, non solo per i canoni di un paese islamico, ma anche per gli standard dei media internazionali (…) (clicca su immagine per leggere)