giovedì 17 maggio 2007

Turchia: l'amante ferita


«Chi vuole le divisioni è solo chi ha perso il valore della verità», comincia con queste poche frasi, dense di significato nel dialogo con l’Occidente cristiano, Mesut Yilmaz; già primo ministro del governo turco ai tempi del caso Ocalan ed elemento di spicco del Partito della madre Patria. Siamo in una delle tante iniziative a latere della grande chermesse della Fiera del libro di Torino (13 maggio, sala azzurra). Se questo è uno dei primi frutti della storica visita del Santo Padre in Anatolia non possiamo che esserne felici. Il tentativo di legare i confini (tema della Fiera) dell’Europa ad uno spazio culturale più ampio è la strada giusta per dialogare con una Turchia che, dopo le recenti manifestazioni di piazza che ha portata nelle strade il mondo laico, vuole essere interlocutrice dell’Europa. Il silenzio che opprimeva la Turchia moderata, che sembrava lasciare aperte autostrade al fondamentalismo islamico sembra finito. Ci sono voluti i tragici eventi come l’omicidio di un giornalista per dare la sveglia ai figli di un kemalismo stanco quanto a corto di strumenti culturali per confrontarsi con un’etica musulmana fortissima. Isolati in Patria e disprezzati da un’Europa che non si accorge essere destinata a soccombere di fronte ad un Paese giovane e dinamico (8% di crescita del Pil). «Democrito era nato in Asia minore e solo grazie alla mediazione dell’Anatolia il cristianesimo è giunto in Grecia», l’altro affondo che indica chiaramente la strada del dialogo. I confini geografici sono convenzioni politiche, in quanto tali possono essere superate. Temi questi, approfonditi nel libro «La difesa dell’Occidente» (ed. Liberal) dove il «problema» Turchia viene affrontato tentando di trovare le strade per trasformarlo in risorsa, seguendo il modello del confronto culturale. A fianco di questo sincero portatore d’acqua al mulino dell’integrazione esiste anche un’latra Turchia. «Mi considero tedesco, ma non europeo. Penso che la Turchia non sarà mai europea», a parlare è Feridun Zaimoglu scrittore, giornalista e autore di soggetti cinematografici. Nato in Turchia e vissuto per trent’anni in Germania si comporta come un amante ferito. «I peggiori detrattori della Turchia, coloro che vedono la verginità europea in pericolo, sono i sessantottini, i portatori di luce», è l’accusa diretta al conservatorismo dei vecchi ribelli della fantasia al potere. Zaimoglu è un ottimista costretto a derogare alla sua natura di fronte all’ostracismo europeo. Sono personaggi come questi con cui dovremmo allacciare rapporti per evitare che la delusione si trasformi in odio nei confronti di una madre culturale, l’Europa, che rischia di trasformarsi in matrigna. Chi ha invece colto alcune contraddizioni è stato il prof. V.E. Parsi. «I nostri ospiti hanno parlato in tedesco, la lingua meno globale e più europea che ci sia». In fondo l’Europa è stato un progetto di nazione civica nata per decisione politica, come la Turchia nata dal kemalismo, «nulla a che fare con la biologia, la cultura o la tradizione», secondo Parsi. Ma forse è proprio questo il peccato originale che ha fatto naufragare il progetto di costituzione. Le alchimie politiche che dimenticano il fango e lo spirito dei sentimenti più profondi dei popoli rischiano sempre di morire in provetta. Oggi non c’è più tempo per le analisi serve agire, tendere una mano a quei turchi che ancora credono nell’Europa prima che diventino una sparuta minoranza.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bene, in questo post fai una conclusione veramente importante e che condivido pienamente. Le chiacchiere fine a se stesse non servono a niente bisogna invece agire e twendere una mano alla Turchia, spero soltanto che in questo non ti abbia influenzato il viaggio del Papa che si è degnato di andarci, per me quello è il suo mestiere e lo dovrebbe fare con maggiore umiltà. In fondo può andare dove vuole l'importante è che non causa incidenti diplomatici! Nemmeno io amo gli intellettuali ad ogni costo che blaterano di tutto e a questi associo certe persone che parlano soltanto perchè hanno detto loro che la bocca serve anche a quello. Vorrei chiederti una cosa, e ti faccio questa domanda soltanto perchè sto imparando a stimarti altrimenti non sarei più tornata qui,ma tu cosa ne pensi di esternazioni come quella per cui si "minaccia"( perchè quasi come tale l'ho recepita) la scomunica a chi abortisce? Non c'è scomunica possibile per i pedofli, preti e non, che veramente rovinano delle vite?...a volte riamngo sconcertata nel sentire certe cose ...
Ciao Pierre
Carmela

Pierre Chiartano ha detto...

@ Carmela. Quante domande... Mi fa piacere che ti stimoli tanta curiosità. Il Santo Padre andando in Turchia ha dimostrato coraggio. Io c'ero stato qualche settimana prima e il clima non era dei migliori. Resta un posto dove è difficile esternare l'appartenenza ad altre fedi che non siano quella musulmana. Sono un cristiano, ma non dottrinario. Sulle scomuniche non ho argomenti. Che la pedofilia sia terribile e da condannare senza esitazioni al pari delle peggiori violenze, non c'è dubbio. L'aborto è una tragedia, non è questione di colpevoli o innocenti, ma di vittime. Lo sono i feti, delle persone che non sono riuscite a vedere la luce; lo sono le madri e i padri che decidono, per un'infinità di motivi - anche condivisibili - di interrompere una gravidanza. Non servono le scomuniche, servirebbero più bambini. : )