martedì 4 marzo 2008
I Due Sessantotto. Alberoni cita ancora «La Difesa dell'Occidente»
(...) Ma basterà questa vittoria politica a ricostruire uno Stato liberale il cui scopo - ripetiamo qui le stesse parole usate in precedenza - è assicurare sicurezza ed ordine perm tutti - con leggi imparziali, con un sistema giudiziario non contaminato da interessi politici o economici - e promuovere lo sviluppo economico e la crescita culturale nella assoluta libertà? Non ne sono sicuro perché uno Stato esiste solo sa ha a suo fondamento una cultura politica, un etica civile. Pierre Chiartano nel sul libro «La difesa dell’occidente» (edizioni Liberal 2007) ha ricostruito con grande fedeltà e cura un nostro colloquio in cui io sostenevo che bisogna reintrodurre il concetto di virtù, perchè una società democratica funziona solo se nella popolazione c’è un solido fondamento morale. Dalla cultura anglosassone abbiamo preso l’dea che vizi privati come l’avidità, l’ambizione e perfino l’invidia, possano diventare pubbliche virtù perchè stimolano la competizione economica e politica. Ma questo avviene solo in società in cui il movimento riformatore ha generato nei suoi partecipanti non solo uno immenso slancio di fede e di speranza, ma anche una rigorosa etica personale e civile. È quanto accade nelle comunità puritane del New England, matrici della indipendenza americana, della costituzione degli Stati Uniti e del suo Ethos. Un Ethos che costituisce la gabbia entro cui può scatenarsi la competizione capitalistica, in cui possono operare i robber barons, in cui può avvenire persino una guerra civile senza che il sistema vada in pezzi o si imputridisca. Nel “sogno americano“ c’e anche l’idea che l’onestà, la verità, la giustizia, il merito vincono sempre, premiano sempre e perciò la stragrande maggioranza dei cittadini agisce realmente in modo virtuoso. È per questo che i vizi privati possono diventare pubbliche virtù, perchè non si trasformano immediatamente in azioni pubbliche, ma vengono esaminati, filtrati, frenati, indirizzati. Puoi guadagnare quanto vuoi, ma poi devi pagare le tasse, puoi esser potente quanto vuoi ma se vieni condannato, in galera ci vai veramente. E in forza di questa etica che i grandi capitalisti hanno lasciato fondazioni che hanno finanziato grandi università, istituti di ricerca scientifica, opere benefiche. Ed è in forza di questo ethos che la rivoluzione giovanile iniziata nel 1964 a Berkeley e terminata con la fine della guerra del Vietnam non ha lasciato le devastazioni che ha lasciato in Italia ma l'emancipazione completa dei neri, una straordinaria fioritura culturale. Nella musica pensiamo a Joan Baetz, nella la poesia di Ginsburg, e Keruac, nella sociologia a Riesman, Smelser, Bellaha Parsons, Clifford Geertz, nella linguistica a Chomsky, nella filosofia a Marcuse, Norman Brown, Rowls. E, al termine del processo, non c’è stata la proliferazione dei gruppuscoli marxisti leninisti o terroristi. Il movimento giovanile ha conservato la libertà sessuale conquistata, ma non è stato decimato dalla droga come è avvenuto in Europa e in Italia, è tornato a studiare nelle università (...).
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